L’eredità di Papa Francesco

All’ingresso della canonica ci sorride il volto di Papa Francesco, immagine che abbiamo messo anche in chiesa nei giorni antecedenti all’elezione di Papa Leone XIV. Mentre accogliamo il saluto del nuovo Papa, “la pace sia con voi”, dei suoi messaggi e richiami, non dobbiamo dimenticare quello che Papa Francesco ci ha comunicato in questi anni: semplicità, umiltà, povertà, sorrisi, apertura, accoglienza…
Ma c’è una parola importante per la nostra comunità parrocchiale che vorrei sottolineare, una parola da vivere specialmente in questo tempo d’estate attraverso le proposte dei VIP e dei pellegrinaggi giubilari, ma anche con tutte quelle occasioni di incontro e familiarità che viviamo nelle nostre giornate. Una parola un po’ trascurata: “prossimità”. Parola che Papa Francesco ci ha ripetuto spesso e in molti modi come una sfida per ciascuno e per tutta la nostra comunità.

Da Evangelii Gaudium 87 e 88
La «sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale in un santo pellegrinaggio». Il primo passo da fare è uscire da noi stessi, «Uscire da sé stessi per unirsi agli altri fa bene. […] l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo.» Di fronte alla mentalità che ci avvolge, «l’ideale Cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale impone […] il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza».
La parabola del buon samaritano ci fa capire bene cosa vuol dire prossimità: non dobbiamo aspettare che l’altro si avvicini ma siamo noi che dobbiamo farci vicini, non passare oltre, guardarlo nel volto, condividere le sue sofferenze. La persona umana è pensata per vivere insieme, per collaborare, ascoltare, contemplare, allungare la mano, sostenerci a vicenda, prenderci cura del fratello e della sorella che incontriamo sulla nostra strada. Non per niente una delle immagini più belle che Papa Francesco ci ha lasciato è proprio quella dell’ospedale del campo, che pian piano noi dobbiamo trasformare nel tendone per la nostra festa. Festa di fratelli, amici, compagni di strada verso la casa del Padre.

Don Giovanni

Per leggere e scaricare integralmente la lettera di giugno, potete cliccare QUI (il file è in formato PDF e pesa circa 1,08MB).

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